martedì 3 luglio 2018

ATLETICA, un ORO macchiato da strumentalizzazioni


Il 23 giugno a Tarragona, per la 18a edizione dei Giochi del Mediterraneo, quattro ragazze salivano sul gradino più alto del podio dopo aver vinto la staffetta 4 x 200 di nuoto: erano Stefania Pirozzi, Margherita Panziera, Linda Caponi e Laura Letrari. Un successo maiuscolo italiano che replicava quello ottenuto a Pescara (2009) e Mersin  (2013).

Purtroppo di questa vittoria se ne è parlato pochissimo, un silenzio ingeneroso che si scontra con i titoloni dedicati alla formazione che ha vinto un altro nostro oro, quello della 4 x 400 di atletica. Come mai? Perché in quest’ultima gareggiavano atlete “di colore” e questo aspetto ha soppiantato anche il lodevole risultato sportivo dato che era una ghiotta  occasione per farne della strumentalizzazione politica: straniere (e non bianche) che vincono per l’Italia.
Quanto siano oggi “straniere” queste ragazze sarebbe opportuno rifletterci:
Raphaela Lukudo è nata ad Aversa (Caserta) 23 anni fa, corre per il Centro Sportivo  Esercito; così come Maria Benedicta Chigbolu,  nata a Roma nel 1989 da madre italiana. 
Ayomide Folorunso, nata nel 1996 in Nigeria, vive a Fidenza dal 2004, è nella squadra del gruppo sportivo Fiamme oro mentre Libania Grenot, di origine cubana e sposata dal 2006 con un italiano,  è primatista italiana nei 200 m, corre per le Fiamme Gialle: tutte atlete con le nostre stellette.
Ma sono di origine cubana anche:  la mezzofondista Yusneysi Santiusti  Caballero, in Italia dal 2007; l’ostacolista Yadosleidy Pedroso, sposata con il suo allenatore Massimo Matrone; il lottatore  Frank Chamizo, caporal maggiore nell’Esercito, è sposato con un’italiana e il pallavolista Osmany Jouanturena naturalizzato italiano nel 2010.
Con loro, della squadra azzurra che partecipò alle Olimpiadi di Rio (2016)¸ facevano parte anche un’altra decina di atleti nati all’estero, ma nessuno lo sottolineò.

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