venerdì 26 ottobre 2018

Emigrazione Italiana? Ormai 5.114.469 gli Italiani residenti all'estero



Dai 4.973.942 del 1° gennaio 2017 ai 5.114.469: sono gli Italiani residenti all’estero, vale a dire l’8,5% dei 60.500.000 residenti nel nostro Paese. Le 140.527 unità in più (un aumento del 2,7%) rappresentano quella costante e crescente emigrazione che sta impoverendo l’Italia (+6,3% negli ultimi tre anni).
Da dove provengono? Principalmente dalla Lombardia (21.980), 12.912 dall'Emilia Romagna, 11.132 dal Veneto, 10.649 dalla Sicilia e 8.816 dalla Puglia. 
Dove vanno? Germania, Regno Unito (comunque in calo) e Francia restano le mete preferite; l’Argentina mantiene la vetta della classifica generale (819.899 registrazioni), ma la seguono Germania (743.799) e Svizzera (614.545).

Una curiosità fra le destinazioni: l’America Latina tiene posizioni rilevanti (14,7%), ma con una doverosa precisazione: in Argentina e in Brasile (dove si contano 415.933 italiani nell’AIRE), si assiste alla frequente richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza (jure sanguinis), da parte di figli e nipoti dei milioni di nostri connazionali che emigrarono fino a 50-60 anni fa.

l'avellinese Geno Auriemma, allenatore della Nazionale USA di basket 
Questo quanto riferisce la Fondazione Migrantes nella XIII edizione del Rapporto Italiani nel mondo pregevolmente curata da Delfina Licata; 193 le diverse mete nel mondo, soprattutto in Europa (70%) e America (22,2%) preferite da queste “valigie piene di speranze” dove, oltre ai giovani (37,4%) ecco i trentenni (25%), ma anche gli over 50 (+20,7%). Treni e aerei che raccolgono giovani laureati e tantissimi “in età” che cercano all’estero una soluzione a condizioni di disagio o disoccupazione.
Esprimono quella “fuga di talenti” che impoverisce l’Italia, quell’Italia dove chiudono migliaia di piccole e medie aziende e non si individua alcun percorso alternativo se non attingere a quel reddito di cittadinanza che somiglia sempre più ad una forma di assistenzialismo che ad un carburante.
Eppure è proprio quel Meridione d’Italia, con un tasso di disoccupazione giovanile tra il 20 ed il 22%, che alza orgogliosamente la testa e coraggiosamente lascia i propri cari, gli amici, il paese per mettersi alla prova all’estero dove rappresenta il 49,5% con 2.533,036 unità. Con loro gli Italiani del Settentrione con il 34,9% (1.783.492 emigrati) e il Centro con il 15,6% (797.941).
A chi il dovere di una risposta?


martedì 23 ottobre 2018

CONDOMINIO, un articolo del c.c. merita una correzione


Quando l’interpretazione e l’applicazione di un articolo del codice civile devono avvalersi di sentenze di Corte d’Appello e addirittura della Cassazione significa che quanto  recita quell’articolo non è sufficientemente chiaro o  non è perfettamente rispondente alla realtà.
E’ il caso del riparto delle spese per la pulizia e manutenzione ordinaria delle scale in un condominio.
Si legga l’art 1124  e parte dell’art 1123; proprio quest’ultimo (ripartizione delle spese) contiene una frase alquanto interessante “…se si tratta di cose destinate a servire i condomini in  misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne…”
Si tratta quindi di un “uso potenziale” ma non effettivo, mentre le spese, i pagamenti sono reali e non potenziali, non si deve lasciare nella teoria un elemento così importante.
La disciplina delle case in condominio risale al regio decreto-legge gennaio 1934 e bisogna ammettere che, soprattutto la riforma del condominio entrata in vigore il 18 giugno 2013, ha tralasciato di attualizzare un aspetto ben evidente: da 30 anni a questa parte gli edifici sono cresciuti in altezza e sono dotati di ascensore ed è più che mai logico che se un inquilino lo utilizza non può contemporaneamente utilizzare le scale; dopotutto vengono salite o scese da chi abita nei piani più bassi della casa. 
Secondo l’art 1124 del c.c. chi sta a quelli più alti paga le spese d’ascensore in misura maggiore di chi sta a quelli inferiori, allora perché la stessa formula viene adottata anche per le spese di manutenzione delle scale?
Una conclusione che può creare solo comprensibili malumori. Innumerevoli volte sarà stato espresso questo ragionamento: “Se abito in alto, per esempio al 5° piano, non uso, non sporco le scale che invece le usa chi sta ai primissimi piani. Va bene pagare le pulizie per il decoro dell’immobile, ma non è condivisibile pagare di più di chi invece se ne avvale”
Il buonsenso della stragrande maggioranza degli amministratori ha derogato adottando una voce unica di spesa: dato che chi pulisce le scale pulisce anche l’atrio e altre parti comuni utilizzabili da tutti in egual misura, non si spacca il capello in quattro e il riparto della spesa è per millesimi di spese generali senza il cavillo della ricerca dell’altezza del piano. Addirittura, soprattutto nei condomini delle grandi città, l’impresa che fa le pulizie provvede anche ai sacchi della nettezza urbana, una voce che si somma contribuendo ad un riparto più equo delle spese.
Può essere utile un richiamo al significato di tassa: si paga per servizi appositamente richiesti  come la raccolta dei rifiuti, tasse automobilistiche, scolastiche, ecc.  Parliamo di servizi reali.
L’auspicio è che si metta mano ad un emendamento dell'art 1124 del codice civile precisando che se l’edificio è dotato di ascensore la spesa per la sua ordinaria manutenzione vada ripartita in senso inverso: “si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa” , per questo la devono pagare coloro che ne fanno realisticamente un maggior uso, coloro che abitano ai piani più bassi.
O, come minimo, che da tale ripartizione siano esclusi gli edifici dotati di ascensore.
Mi hanno sempre insegnato che l’undicesimo comandamento è quello del buonsenso, se ne faccia uso, venga adottato anche dai nostri legislatori.