giovedì 28 febbraio 2019

Milano Zona B: delusione e arrabbiature

Area B, un flop totale la Zona B che la giunta Sala ha instaurato a Milano bloccando, da lunedi 25 febbraio, tutte le auto diesel fino all'euro 3 e le euro 0 a benzina.
La delusione è per tutti coloro, gli idealisti dell'ambiente, che confidavano in un abbattimento delle polveri: non c'è stata l'attesa "aria pura" e non era difficile immaginarlo per almeno due buone ragioni:

  1. il tanto famigerato PM10 è prodotto solo per il 14% dalle esalazioni dei motori diesel, mentre il 13% lo generano l'uso delle pastiglie dei freni e dei pneumatici
  2. se circolano ancora auto euro 2, 3, o addirittura di classi inferiori significa che sono poco usate.
Ragion per cui cosa potevano attendersi questi sedicenti ambientalisti tanto ostinati nell'innalzare cartelloni di divieto e decine di telecamere sul perimetro della Zona B? Solo la sterile soddisfazione di sentire i cronisti della "grande informazione" esclamare che Milano aveva la ZTL più grande d'Italia e seconda d'Europa.
Un po' poco, quasi nulla e certamente un'arrabbiatura per i contribuenti milanesi che vedono ancora una volta spesi male i loro denari.

Sono felice di leggere che il parlamentare Paolo Grimoldi, senza riserva alcuna, ha attribuito la causa principale dell'inquinamento al traffico automobilistico proveniente dalla trafficatissima rete autostradale che circonda Milano.  Il Segretario della Lega Lombarda esprime delle concrete ovvietà che avevo già enunciato nei miei post sull'argomento. Importante anche quanto scriveva Via, il magazine dell'Automobile Club Milano, nell'edizione dicembre 2018 denunciando anche l'insufficienza dei parcheggi d'interscambio (15.000 posti contro le 500.000 auto che ogni giorno entrano in Milano).
Cala inoltre il reddito delle famiglie, già si profila una nuova recessione, e non saranno certo incentivi a indurre l'acquisto di autovetture ad "emissione zero".
Comprendo che il sindaco Sala e compagni, dovendo salvare la faccia, non possanno annullare questo provvedimento così improvvido e zoppicante, ma l'auspicio è che siano rivisti i programmi posticipando adeguatamente i divieti programmati per il 1° ottobre ...e chissà che i successivi non passino alle calende greche.


lunedì 11 febbraio 2019

Biciclette contromano? Da scriteriati.


Sta rimbalzando su ogni organo d'informazione notizia di un provvedimento che in Commissione Trasporti, alla Camera, vedrebbe libera circolazione - anche in contromano - delle biciclette.
Unica limitazione che in quella strada viga il limite dei 30 km/hr, vale a dire una che è già ridotta: dove passeranno?
Sembra che questo emendamento al Codice della strada l'abbiano ispirato quei  numerosi ciclisti indisciplinati che già percorrono le strade contromano.
Mi aspetto la reazione dei tassisti, veri professionisti delle quattro ruote, quando se li troveranno improvvisamente davanti.
E l'occupare le corsie riservate a loro e ai bus? Certo, dopo che le corsie per i ciclisti sono per la maggior parte ignorate perché i ciclisti preferiscono i marciapiedi.


Signori deputati, c'è allora da chiedervi quando legalizzerete il pedalare sulle strisce e gli attraversamenti col rosso?
Dato che attingete dalla "significativa" esperienza dell'Olanda ricordo che le sue due maggiori città non arrivano a 900mila: Amsterdam 822.000 - Rotterdam 625.000   
In Francia e in Lussemburgo (come si vede dalle foto da me scattate a Parigi e a Lussemburgo) i ciclisti rispettano l'obbligo VELO A LA MAIN  si vous plait  

PARIGI (copyright)

LUSSEMBURGO (copyright)

UE, la politica non sta al passo della realtà

Mentre si accennano i primi passi della campagna elettorale che ci porterà alle elezioni europee è lecito domandarsi cosa c'è di compiuto (pochino) e di quelle attese che non si sono ancora realizzate, vale a dire tanto, ma soprattutto di molto significativo.
Quando si parla di Europa Unita il pensiero va, spontaneamente, all'unione di popoli, di unico linguaggio, non solo monetario, con cui 28 nazioni hanno sottoscritto un cammino comune.
Un cammino comune che, in gran parte, è stato solo un approfondimento di regole di mercato, dopotutto l'UE non è altro che l'ultima emanazione della CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (trattato firmato a Parigi il 18 aprile 1951), della CEE con i Trattati di Roma del 25 marzo 1957. Quanto realizzato è un po' poco per avere messo in piedi un organismo che occupa tre sedi (Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo): il suo bilancio ammonta a 165,8 miliardi di euro. Dai suoi 751 deputati ci si aspetta che producano molto più di quanto vediamo realizzato, ci si aspetta anche una linea univoca, un fronte comune sui grandi temi che dovrebbe rappresentare l'Unione.
Ultima in ordine di tempo la crisi venezuelana: i maggiori stati membri dell'UE si sono già pronunciati a favore di Guaidò mentre l'Italia, che conta 120mila propri emigranti, sta alla finestra. 
Abbiamo Paesi che prendono iniziative politiche dettate dai propri governi, sottoscrivono accordi bilaterali e lasciano gli altri compagni di classe a guardare. Non sono però rimasti a guardare, anzi hanno alzato la voce per esprimere il loro diniego ad accogliere qualche decina di migranti sbarcati sulle nostre coste, non dimentichiamo i respingimenti verso l'Italia da parte della  Francia. Ma non li chiamiamo "cugini d'Oltralpe"? Non ne declamiamo la secolare amicizia in ogni incontro ufficiale? Eppure questi giorni ci stanno presentando un serio incrinamento dei rapporti tra Parigi e Roma...
Uno dei principali argomenti che dominano la scena politica europea è la questione migranti e i Paesi Bassi sono stati al centro delle cronache in occasione dei 47 africani raccolti dalla Sea Watch 3. Sebbene fosse iscritta al registro navale olandese il governo de L'Aia rifiutò di prenderseli in carico.
Ciononostante, dal 26 ottobre al 30 gennaio una comunità olandese ha dato una straordinaria prova di altruismo a favore di stranieri. Nella chiesa di Bethel, a L'Aia, si era rifugiata una famiglia armena colpita dall'ordine di espulsione. I Tamrazyan, papà, mama e tre figli, vivono da 9 anni nei Paesi Bassi; tra l'altro i tre ragazzi frequentano scuole e università, per cui sono ben integrati. Un'antica legge olandese proibisce di interrompere una funzione religiosa e così i pastori di quella comunità hanno fatto appello ai colleghi di altre parrocchie cristiane affinché, giorno e notte, ci fosse un rito continuo per impedire l'irruzione della polizia. la maratona di preghiere ha avuto successo, il governo ha concesso alla famiglia di restare; il loro esempio ha indotto alla revisione di 700 domande d'asilo.
Considerazione finale: il paese reale sembra esprimersi meglio di quello politico.

domenica 10 febbraio 2019

Giorno del Ricordo, un grande Mattarella

il Presidente SERGIO MATTARELLA (dal sito del Quirinale)
La commemorazione del Giorno del Ricordo sta rappresentando un collegamento tra due straordinari Presidenti della Repubblica: Carlo Azeglio Ciampi e Sergio Mattarella. 
Fu Ciampi a promulgare, con legge del 30 marzo 2004, questa celebrazione e ora Mattarella, con un discorso tenutosi ieri al Quirinale, ha onorato le popolazioni italiane vittime di una tragedia che è stata una ferita per tutto il popolo italiano, ricordando "che non si esaurì in quei barbari eccidi concentratisi, con eccezionale durezza, nell'autunno 1943 e primavera del 1945"
Il Capo dello Stato è stato poi esplicito sui colpevoli:
"L'aggressività del nuovo regime comunista li costrinse con il terrore e la persecuzione, ad abbandonare le proprie case, le proprie aziende, le proprie terre."  
Mattarella non ha avuto mezze misure, ha ripreso la Storia riportandola alla realtà coperta da quasi sessant'anni di odiosa omertà, una polvere che, colpevolmente, governi e parlamenti avevano lasciato che si depositasse straziando, giorno dopo giorno i cuori, le esistenze dei nostri esuli.
"Il braccio violento del regime comunista si abbatteva furiosamente cancellando storia, diversità, pluralismo, convivenza sotto una cupa cappa di omologazione e di terrore."
Penso possa bastare tutto questo per sottolineare ed elogiare una lectio magistralis che dovrebbe restare indelebile nella memoria degli Italiani di oggi e insegnamento per quelli di domani. 

venerdì 8 febbraio 2019

Demolizione Ponte Morandi, perché un'altra passerella?

Dopo quasi sei mesi la tragedia conseguente al crollo del ponte Morandi, a Genova, non manca di essere usata come un'occasione per apparire.
Purtroppo è così. 
Oggi lo spunto l'ha dato l'avvio della demolizione di quanto è rimasto in piedi; viene logico chiedersi: ma cosa ha di celebrativo una demolizione? Non era meglio presenziare a qualcosa che si costruisce, e Genova ne ha tanto bisogno? Non me lo riesco a spiegare.
"Momento di riscatto", e perché, di grazia può esserlo qualcosa che togliamo di mezzo?
Invece, eccolo in primo piano il presidente Conte sotto il casco dei pompieri e il ministro Toninelli con i relativi attaché; con loro, e me ne sto domandando le ragioni, anche una schiera di ufficiali in divisa. E' ben nota la mia ammirazione per le Forze dell'ordine e i Corpi militari, ma entrare anche nel loro "in favore di telecamera" mi è parsa una stonatura.
Resta la mia ammirazione verso i loro uomini, perchè da quel venerdi 14 agosto hanno fatto davvero tanto, si sono prodigati senza sosta, però, almeno loro ...quest'oggi.
Forse è dovuto dal protocollo
Per l'amore che si deve a Genova e, soprattutto, ai genovesi, aspettiamoci che un nuovo ponte ricolleghi al più presto il capoluogo ligure alla sua secolare operosità, alla sua realtà: applaudiremo allora tutti coloro che avranno contribuito fattivamente a questo recupero.

lunedì 4 febbraio 2019

Blocco sulla A22, improvvido j'accuse

Il 1° febbraio il blocco al traffico sulla A22, nella parte più a Nord dell'autostrada Modena-Brennero, è stata un'ulteriore opportunità per invettive, proclami, improvvidi j'accuse.
Come spesso accade, quando si esprimono dichiarazioni "ad alta voce" e con espliciti punti esclamativi, non si tiene conto della realtà, la causa e, siccome non la si poteva evitare, ecco che anche qui, come per la tragedia del ponte Morandi, si mette subito in discussione lo stato societario del gestore, spunto per proclami e conseguenti correzioni.
Sulla A22, per quanto si può apprendere dalla ricostruzione oggettiva, il peccato originale è da attribuirsi esclusivamente ai quegli autoveicoli: autotreni, autoarticolati ed automobili che, malgrado le condizioni climatiche tipicamente invernali, viaggiavano senza i dovuti equipaggiamenti, leggi catene o gomme invernali.
A loro si aggiunga un gruppo di motociclisti; qualcuno di loro è scivolato sulla neve e dietro non era proprio cosa da ragazzi gestire un'improvvisa  frenata.  
Basta che un camion o un'autovettura sbandi, si meta di traverso che si arriva all'inverosimile: quale occasione più ghiotta allora per esprimersi con proclami bellicosi, puntare il dito accusatore?  Sì, ma contro chi e per che cosa, di grazia?
In Italia, dal 15 novembre al 15 aprile, c'è l'obbligo delle catene a bordo, o avere montati i pneumatici da neve; ebbene, in Svizzera non vige questo obbligo, c'è l'autoresponsabilizzazione, chi causa blocchi alla circolazione stradale ne risponde.  
Ciononostante qui si vuole che tutto quanto accaduto a nord di Bressanone deve farsi ricadere unicamente sulla gestione dell'autostrada. Non si è un po' disinvolti e, nessuno si offenda, privi di adeguate argomentazioni?
Percorro sovente quell'autostrada e la trovo tra le meglio accudite nel nostro Paese, non fosse altro per le code che debbo subire per i restringimenti di carreggiata, ma proprio perché sono in corso lavori di manutenzione.
Insomma, ci lamentiamo se c'è carenza di manutenzione e anche se siamo in coda, ma cosa vogliamo?
Da Roma ci si aspetta che la proprietà dell'A22 sia totalmente pubblica, come se disporre dell'84% sia una bazzecola, essere un socio ...di minoranza.
Si pretende allora la completa proprietà dell'A22? Eppure mi sembra che M5stelle e Lega non abbiano ottenuto il 60% alla Camera e il 70% al Senato, ciononostante il governo del Paese è interamente in loro mani.
Non è più saggio accertarsi bene su cosa è accaduto e perché prima di lanciare veementi j'accuse?



domenica 3 febbraio 2019

L'Economia secondo il M5s

Dopo l'affermazione del ministro Di Maio (9 agosto u.s.) secondo il quale oggigiorno le merci viaggiano prevalentemente come file e non sulle autostrade, mi sono impegnato ad osservare con maggiore attenzione le intenzioni del M5s in fatto di Economia; sì, quella con l'iniziale maiuscola, quella che interessa l'intero nostro Paese.
Il risultato è che almeno un paio di punti mi paiono sconcertanti, cominciamo dal reddito di cittadinanza. 
Interesserebbe una platea di 1.375.000 famiglie e, dato che "giammai, non sarà assistenzialismo ma un incoraggiamento ad accettare un impiego" debbo interpretarla come una scommessa del Movimento 5 stelle sul fatto che ci siano più di un milione di proposte che attendono solo di essere accettate. Mi è tornata alla mente la tanto derisa promessa di Silvio Berlusconi: "1 milione di posti di lavoro".
Non è forse lo stesso? Ma con la differenza che il Cavaliere stimolava le aziende mentre qui si coinvolgono degli uffici pubblici a cercare e fornire indirizzi, opportunità.
Secondo punto: che indirizzi, che opportunità di lavoro se l'Istat ha ufficialmente dichiarato che l'Italia è in una fase di recessione? La si chiami pure "tecnica", ma pur semplice recessione è: i risultati del quarto trimestre del 2018 segnano una contrazione dello 0,2% e gli ordinativi nell'industria sono diminuiti del 2% su base annua. Tra l'altro fu lo stesso presidente del Consiglio Conte a dichiarare: "mi aspetto un'ulteriore contrazione del Pil".
E il reddito di cittadinanza venne approvato dal Consiglio dei ministri il 17 gennaio, solo due settimane prima che l'Istat rendesse pubblici i propri risultati.
Ministro Di Maio, non è il caso di rivedere le stime dei costi che questo sussidio (il cui importo fa irritare decine di migliaia di pensionati) avrà sui bilanci dello Stato?
Come se non bastasse ecco un altro duro colpo pentastellato alla nostra Economia: fermare la TAV.
Interrompere questa opera non è come alzare una paletta verso un automobilista, significa bloccare l'attività di decine di aziende coinvolte direttamente e indirettamente in un progetto internazionale, significa togliere lavoro, quindi reddito, a migliaia di Italiani. 
Nel linguaggio del quotidiano si traduce in ulteriore disoccupazione, quella disoccupazione di cui non ci si preoccupa dicendo NO anche alle trivellazioni in Adriatico mentre lo fanno  davanti ai nostri occhi i croati, ovviamente guadagnandoci.
Sono grato per questa lezione di Economia.