mercoledì 1 gennaio 2020

Borraccette, proprio un'alternativa ecosostenibile?

Lo scorso settembre l'inizio dell'anno scolastico ha visto la consegna gratuita di centinaia di migliaia di borraccette in alluminio ad altrettanti studenti di varie città italiane, Milano in testa.
L'evento in contemporanea su tutto il territorio nazionale (chissà poi perchè?) ha rappresentato una ghiotta occasione per pubblicizzare la campagna "Plastic free" e di visibilità per molti amministratori locali.
In internet ho recuperato un articolo pubblicato da Vestirebio il 16 luglio 2014; si legge: "L'alluminio è un metallo pesante con cui veniamo molto spesso a contatto durante la giornata e il cui assorbimento da parte del nostri corpo può generare diversi sintomi e disturbi. La produzione di alluminio inoltre, che non esiste in natura ma solo sotto forma di composto estraibile di minerali come la bauxite, prevede un processo altamente inquinante"
Cosa ci sia invece di così altamente ecologico in una borraccetta in alluminio, salvo che un domani sia riciclabile (ma anche il pet) è tutta da dimostrare, a cominciare da alcune denunce presentate in Toscana: a Scandicci l'Istituto Spinelli ne aveva acquistate 1200 e se ne erano riscontrati difetti di produzione tali da disporne il ritiro, altrettanto per quelle distribuite da Publiacqua.
Scopo principale è quello di favorire l'uso dell'acqua potabile degli acquedotti civici. Bene, ma anche con le bottigliette in pet ci si attinge spesso alle fontanelle civiche.
L'europarlamentare Carlo Fidanza e l'assessore di Regione Lombardia Riccardo De Corato hanno contestato l'iniziativa del sindaco milanese Sala: "protagonista di una ennesima passerella nelle scuole elementari consegnando borraccette, senza il marchio CE, la cui produzione in Cina non è propriamente ecosostenibile".
Per chi, come me, ha fatto il servizio militare il ricordo della borraccia rappresenta, oltre che un momento nostalgico, anche un ricordo di come occorreva tenerle igienicamente pulite per evitare che diventassero maleodoranti o, peggio, covi di funghi e batteri: solo sciacquarle non serviva.
Leggo che in molti casi, insieme alla borraccetta, agli scolari sia anche stata consegnata adeguata nota informativa sul corretto uso. Infatti, e anche qui ci soccorre la ricerca in internet. troviamo quanto siano discordi le soluzioni per pulirle. Mentre il Comune di Milano sul proprio sito comune.milano.it raccomanda "sciacquarla bene ogni giorno, magari con una goccia di detersivo per i piatti e, ogni tanto, lavarla in lavastoviglie".  ecco che il Journal of Excercise Physiology Online "sconsiglia, oltre all'uso di sostanze acide e bicarbonato, la lavastoviglie a causa dei detergenti e delle alte temperature" (da Universo Mamma).
Allora, domando, perché uguale catechesi non viene dedicata anche allo smaltimento delle bottiglie di plastica senza presentarle sempre e solamente come "killer dei pesci"? Anche queste rappresentano un ottimale involucro di acqua "di casa", o no? 
Non vado oltre in questo appassionante confronto e invito alla lettura di quanto scrive   https://www.peopleforplanet.it/borracce-alluminio-non-sono-una-buona-scelta/ 
Concludo ricordando che, a differenza delle borraccette che ci giungono dalla lontana Cina, tecnologia e produzione delle bottiglie in pet sono assolutamente italiane.  E, con i tempi che corrono, era proprio il caso, egregi Sindaci, che si promuovessero ulteriori acquisti d'oltre frontiera demonizzando inopportunamente questo made in Italy?





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