giovedì 10 ottobre 2019

Curdi, diaspora e irriconoscenza

Quando il 7 ottobre le truppe USA  lasciarono le posizioni di stanza nel Nord della Siria in molti, anche a Washington, espressero il timore che la Turchia ne avrebbe approfittato per invadere il territorio curdo.
Era un'ovvia constatazione perché i convogli armati di Ankara avevano già da tempo i motori accesi ed si apprestavano a mettersi in marcia.. Si sparavano i primi colpi d'artiglieria e seguivano i bombardamenti aerei a cui la diplomazia mondiale rispondeva con ulteriori "efficaci" preoccupate dichiarazioni e messaggi di circostanza; questo mentre i curdi  cominciavano a contare i propri morti e fuggivano e  a decine di migliaia fuggivano andando a creare nuovi campi di profughi.
Altro che terroristi; questa offensiva porta dolore, si stanno uccidendo dei civili, uomini, donne, bambini.
Pressato dalle evidenze Trump ha dichiarato di non avere ritirato le proprie truppe, ma di avere "solo delocalizzato in altre basi un centinaio di truppe speciali". E allora come mai è bastato questo limitato trasferimento per lasciare il campo libero ai carri armati turchi? 
C'è qualche inquietante somiglianza con altri tristi momenti storici dove le truppe poste a vigilare si voltarono dall'altra parte mentre dietro le loro spalle avvenivano i massacri, ricordiamo Srebrenica (luglio 1985) e Sabra el Shatila (settembre 1982)
Il Kurtistan ha una sua etnia, un suo popolo di circa 25 milioni distribuito in Turchia, Iran, Iraq e, in misura minore, Siria. Una diaspora di cui è primariamente colpevole il Trattato di Sèvres (1923) che li ignorò; nel ridisegnare i confini mediorientali non tenne conto della loro realtà, calpestando cosè gli artt 62-64 con cui si garantiva ai Curdi la possibilità di ottenere l'indipendenza all'interno di uno Stato con un perimetro definito dalla Società delle Nazioni, ma quando mai? Era doveroso assegnare uno Stato ad un popolo, non un popolo ad uno Stato, ...che comunque non arrivò mai.
Eppure i curdi hanno più volte fatto sentire la loro voce rivendicando, come altri, uno spazio, di terra; se lo aspettarono già nel 1991 dopo aver collaborato con gli USA nella Guerra del Golfo, ma furono delusi.
Oggi, dopo essersi impegnati schierando sul campo uomini e donne per combattere il Daesh, si sentono traditi, e tutto il mondo se ne rende conto.
Questo stato di cose, lo leggiamo su l'ANSA, sta permettendo a miliziani affiliati all'ISIS di tornare ad attaccare i curdi siriani...
Si rischia il genocidio di un popolo.
E' tempo che gli USA, così attenti nel loro ruolo di gendarmi della pace, tornino sui loro passi e le voci delle massime potenze impongano il ritiro delle truppe di Ankara, ne va della vita di migliaia di innocenti.


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