lunedì 18 gennaio 2016

Sedici anni fa terminava la leva militare. Fu un provvedimento positivo?

La mia opinione positiva sulla leva è nota e quanto questa mancanza abbia inciso sulla formazione dei giovani è sotto gli occhi di tutti.
Il dilagante bullismo e un comportamento sociale che è sempre più ai margini delle regole di convivenza mi ha fatto ripensare se questo sia attribuibile anche alla mancanza di quella crescita comportamentale che poteva dare la leva militare.
Il 1° gennaio 2005 cessava il servizio militare, l'arruolamento obbligatorio per fare posto a quello volontario. La "naja" passava repentinamente nei racconti, spesso nostalgici, di chi l'aveva vissuta persino per quel periodo più lungo, in tempo di pace, di 18 mesi che, via via, si ridusse a un anno.
Quell'impegno interveniva sovente in modo negativo nella vita di un giovane perchè interrompeva un'attività lavorativa; la conservazione del posto era comunque garantita e, una volta congedati, si poteva riscattare quel periodo ai fini contributivi per l'INPS. Inenarrabili gli espedienti e le ricerche di raccomandazione per evitare la naja o, almeno, essere arruolati in un corpo dove "sporcarsi meno" (un esempio l'Aviazione) oppure destinati il più vicino possibile a casa.
Si iniziava trascorrendo due mesi al C.A.R.,  il Centro Addestramento Reclute (tre per le truppe corazzate) e poi si era destinati al reggimento per completare la ferma militare che, fino al 1965, durava 18 mesi.
Ecco, credo che 18 mesi, forse anche quando li ridussero a 15, siano stati eccessivi perchè, terminato l'addestramento iniziale, erano sufficienti  8 o 9 mesi al reggimento per apprendere tutte le tecniche e metterle in pratica nelle varie esercitazioni e nei "campi". I mesi successivi erano per lo più di ozio e in quache caserma non mancarono deprecabili episodi di "nonnismo". Il momento del congedo, atteso contando settimane e giorni a ritroso, era sempre di festa per tutti, una sana baldoria; si usciva dalla caserma e si raggiungeva la stazione sventolando il congedo ma, puntualmente, era per tutti uno scambiarsi gli indirizzi promettendo un arrivederci. Checchè si dica la conferma di voler rivivere quel periodo si riscontrava ad ogni raduno nazionale dei vari Corpi.
Come si viveva in caserma? Per molti era la prima occasione di stare lontani da casa e l'adattamento non fu semplice, masi  fece di necessità virtù. Ricordo ragazzi che per la prima volta potevano avere colazione, pranzo e cena; i più uscivano per la prima volta dalla loro regione.
Fu, fondamentalmente, una straordinaria palestra di convivenza; ci si trovava a convivere e condividere, a rispettare le regole e si conosceva il significato della gerarchia.
Quale altro "arruolamento" fornisce tutto questo? Fose lo Sport se insegnato e appreso nel modo più appropriato, non come una esasperata corsa al vincere ...comunque.
Uno, forse il maggiore problema che la leva obbligatoria dava era l'interruzione del lavoro; oggi che, se va bene, si trova un impiego a 23-24 anni, dove è il problema?
Sì, credo valga la pena di mettere nero su bianco una considerazione che, amaramente, un po' tutti ci facciamo quando assistiamo a sempre più frequenti episodi di indisciplina o microdelinquenza: "ci vorrebbe un po' di servizio militare".

Io chiesi di fare il bersagliere perchè lo era stato anche mio Nonno nella Grande Guerra; non feci nulla per farmi riformare, anzi, riferìì a tutti con orgoglio che l'ufficiale medico mi aveva trovato "di sana e robusta costituzione". Venni arruolato con il 3° contingente del 1967 e il mio C.A.R.T.C., il Centro Addestramento Reclute Truppe Corazzate fu quello di Nocera Inferiore, passai poi al 2° Rgt Legnano. Ricordo con orgoglio  che nel 1982, sotto la nuova denominazione Governolo, fornì i 2000 bersaglieri per la missione di pace in Libano e mi venne un groppo in gola nel vedere il piumetto nero in bella mostra sugli elmetti bianchi di quei ragazzi che si imbarcavano per poi farsi onore meritando encomi e riconoscimenti.

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