domenica 24 maggio 2015

24 maggio 1915: un inchino e un monito

La Storia ci tramanda dei dati: pochi minuti prima delle 4 del 24 maggio 1915 gli Artiglieri italiani, dal forte Verena in provincia di Vicenza, aprirono il fuoco sulle fortificazioni austriache.
Da quel momento iniziò la nostra Guerra Mondiale, quella per la quale caddero 651.000 nostri soldati e 589.000 civili.
Un conflitto che non privilegiò alcuna regione italiana; da ogni angolo della penisola partirono giovani diretti al fronte e la testimonianza di quel tributo, più ancora che le cronache e i testi, ce la danno le lapidi e i monumenti ai Caduti che troviamo in ogni comune d'Italia.
Dobbiamo inchinarci davanti ad essi, ovunque ci troviamo, e meditare che per portare all'Italia quelle regioni così settentrionali come il Trentino e il Friuli Venezia Giulia, furono precettati ragazzi provenienti anche da città, paesi distanti alcune centinaia di kilometri. Si leggano le gesta dell'eroica Brigata "Catanzaro": 6000 fanti in prevalenza calabresi che si batterono con grande valore sull'altopiano di Asiago e sul Carso.
Si vada a visitare qualche sacrario militare, Asiago, Redipuglia, Rovereto, Tonale, e si legano i cognomi: troveremo numerosi Esposito, Russo, Greco, Amato, Bruno, Marino, Pappalardo, Santoro, anche Italia che, come gli altri,  proprio settentrionali non sono.
Si è calcolato che il 17,4% dei chiamati alle armi proveniva dal Sud.
Ecco, l'Italia l'hanno fatta anche loro e forse più loro di altri i cui nipoti hanno coltivato scellerati propositi di ignorare o ripudiare metà del nostro paese. 


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