lunedì 11 febbraio 2019

UE, la politica non sta al passo della realtà

Mentre si accennano i primi passi della campagna elettorale che ci porterà alle elezioni europee è lecito domandarsi cosa c'è di compiuto (pochino) e di quelle attese che non si sono ancora realizzate, vale a dire tanto, ma soprattutto di molto significativo.
Quando si parla di Europa Unita il pensiero va, spontaneamente, all'unione di popoli, di unico linguaggio, non solo monetario, con cui 28 nazioni hanno sottoscritto un cammino comune.
Un cammino comune che, in gran parte, è stato solo un approfondimento di regole di mercato, dopotutto l'UE non è altro che l'ultima emanazione della CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (trattato firmato a Parigi il 18 aprile 1951), della CEE con i Trattati di Roma del 25 marzo 1957. Quanto realizzato è un po' poco per avere messo in piedi un organismo che occupa tre sedi (Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo): il suo bilancio ammonta a 165,8 miliardi di euro. Dai suoi 751 deputati ci si aspetta che producano molto più di quanto vediamo realizzato, ci si aspetta anche una linea univoca, un fronte comune sui grandi temi che dovrebbe rappresentare l'Unione.
Ultima in ordine di tempo la crisi venezuelana: i maggiori stati membri dell'UE si sono già pronunciati a favore di Guaidò mentre l'Italia, che conta 120mila propri emigranti, sta alla finestra. 
Abbiamo Paesi che prendono iniziative politiche dettate dai propri governi, sottoscrivono accordi bilaterali e lasciano gli altri compagni di classe a guardare. Non sono però rimasti a guardare, anzi hanno alzato la voce per esprimere il loro diniego ad accogliere qualche decina di migranti sbarcati sulle nostre coste, non dimentichiamo i respingimenti verso l'Italia da parte della  Francia. Ma non li chiamiamo "cugini d'Oltralpe"? Non ne declamiamo la secolare amicizia in ogni incontro ufficiale? Eppure questi giorni ci stanno presentando un serio incrinamento dei rapporti tra Parigi e Roma...
Uno dei principali argomenti che dominano la scena politica europea è la questione migranti e i Paesi Bassi sono stati al centro delle cronache in occasione dei 47 africani raccolti dalla Sea Watch 3. Sebbene fosse iscritta al registro navale olandese il governo de L'Aia rifiutò di prenderseli in carico.
Ciononostante, dal 26 ottobre al 30 gennaio una comunità olandese ha dato una straordinaria prova di altruismo a favore di stranieri. Nella chiesa di Bethel, a L'Aia, si era rifugiata una famiglia armena colpita dall'ordine di espulsione. I Tamrazyan, papà, mama e tre figli, vivono da 9 anni nei Paesi Bassi; tra l'altro i tre ragazzi frequentano scuole e università, per cui sono ben integrati. Un'antica legge olandese proibisce di interrompere una funzione religiosa e così i pastori di quella comunità hanno fatto appello ai colleghi di altre parrocchie cristiane affinché, giorno e notte, ci fosse un rito continuo per impedire l'irruzione della polizia. la maratona di preghiere ha avuto successo, il governo ha concesso alla famiglia di restare; il loro esempio ha indotto alla revisione di 700 domande d'asilo.
Considerazione finale: il paese reale sembra esprimersi meglio di quello politico.

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