giovedì 13 giugno 2019

L'emigrazione di pensionati

Algarve, un porticciolo di pescatori

Quando riceviamo il nostro assegno pensionistico siamo consapevoli che una buona parte, dal 25% in su, è trattenuto dallo Stato quale IRPEF.
Il pensionato si rende conto di non fare più parte della “produzione”, ma certamente di svolgere comunque un ruolo importante nella vita economica e sociale del Paese, per cui il fatto che una consistente fetta della sua spettanza gli venga trattenuta è legittima ragione di mugugno.
Un mugugno che si accentua quando, vuoi dai politici quanto da molti mass media, si citano cifre di pensioni  come “d’oro” senza precisare che sono al lordo, cioè che una parte consistente è trattenuta dallo Stato, pertanto nulla hanno  del nobile metallo.
Quindi negli ultimi anni ha trovato crescente interesse l’emigrare verso “paradisi” che offrono condizioni fiscali vantaggiose, primo fra questi, anche per la vicinanza, il Portogallo. Seguono poi, con differenti vantaggi sia fiscali che di costo della vita, le Baleari (Spagna), Bulgaria, Cipro, Costarica, Ecuador, Malesia, Marocco, Messico, Panama, Romania, Sud Africa, Thailandia e Tunisia. Insomma, Paesi che hanno sottoscritto con l’Italia una convenzione contro la doppia imposizione fiscale.
In quella che era la Lusitania già una trentina d’anni fa i governanti di Lisbona decisero di valorizzare l’Algarve, una costa meridionale  di circa 150 km che si affaccia sull’Atlantico. Pensarono subito di destinarlo al turismo anglosassone attrezzandolo di campi da golf (se ne contano finora 16) e autorizzando l’edificazione di grandi complessi alberghieri e residence da 4 e 5 stelle. Il risultato è stato l’aumento di un punto di PIL. A questo vantaggio economico si aggiungono i consumi e tutto quanto si è creato nell’indotto: i nostro governanti avrebbero da imparare.
Questa la realtà di una regione in crescita a cui, come ho detto, sta guardando in misura crescente il popolo dei pensionati italiani (ormai circa 400mila) che sposano il beneficio fiscale concesso loro trasferendovi la residenza, diventando residenti non abituali; nessuna tassazione per un periodo massimo di 10 anni a condizione che, ogni anno, si abiti in Portogallo per almeno sei mesi e un giorno, anche non consecutivi.  
All’apparenza è allettante, un po’ meno facile nella pratica. Vediamo il costo non indifferenze degli immobili, sia in vendita che in affitto. Se acquisti una casa pensa che la potrai godere per un massimo di 10 anni e poi nel rivenderla avrai ancora i tuoi soldi o, nel frattempo la bolla speculativa si sarà sgonfiata? Gli affitti, poi, sono davvero alti, aumentano a dismisura ogni anno.
Questi i costi, e poi la realtà quotidiana; ti iscrivi all’AIRE, vale a dire prendi la residenza all’estero e ti devi trovare in loco un medico di fiducia, l’automobile sarà ritargata come portoghese e portoghesi saranno l’assicurazione e quant’altro, anche la lingua. Non illudiamoci, non è pari allo spagnolo, quindi dimentichiamoci inflessioni dialettali venete o genovesi, il portoghese è quasi meglio leggerlo che ascoltarlo, rischiamo di isolarci. In compenso, per esperienza vissuta, i portoghesi sono, di norma, persone gradevoli con cui bere insieme uma cerveja o uj copo de vinho  branco fresco, una birra o un bicchiere di vino bianco fresco.
Fatti salvi coloro che hanno preso residenza in città come Lisbona o Porto, ho visto ben pochi italiani socializzare con loro; preferiscono trovarsi tra connazionali per una partita di burraco, l’aperitivo al bar o una mangiata al ristorante, e per taluni magari scoprire che spendono così quelle centinaia di euro che hanno risparmiato nell’Irpef.  Dai, ne riparliamo tra tre, quattro anni.
L'interno di una cantina portoghese


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