giovedì 30 maggio 2024

Agricoltura: si guardi l'origine, non basta la provenienza

"No al falso Made in Italy" è il titolo che diedi al mio post dell'8 Aprile. Per questo ho seguito con particolare attenzione il TG2 post di stasera dove si è toccato il serio problema sia della contraffazione che dei prodotti agricoli. Proprio questi stanno subendo una forte concorrenza da parte di aziende straniere che immettono sul nostro territorio cibi che ben poco hanno a che vedere con la qualità della nostra produzione. Durante il collegamento con la delegazione Coldiretti Campania il loro rappresentante è incorso in due errori che auspico, per il bene dell'agricoltura italiana, vengano tempestivamente corretti. Il primo riguarda chiedere la tutela della PROVENIENZA. Del tutto inutile perchè un prodotto può avere documenti di provenienza da un paese estero di cui si conoscono e apprezzano i sistemi di coltivazione o allevamento, invece quello potrebbe rappresentare solo il transito per merci ORIGINARIE da territori di cui si hanno seri dubbi sulla qualità. Un precedente ce lo diede la carne durante l'epidemia detta "mucca pazza" dovuta all'encefalopatia spongiforme bovina diagnosticata in un allevamento della Gran Bretagna. Probabilmente fui il primo giornalista a denunciare che bastava che lotti di carne arrivassero in Italia transitando dalla Francia (i cui allevamenti non erano stati intaccati dall'epidemia) e da qui, con nuovi documenti di trasporto, arrivassero in Italia. Facile, per i disonesti, immetterli poi liberamente immessi sul nostro mercato accompagnati dalla dichiarazione "provieniente dalla Francia". Solo ignoranza? Mah, tuttavia alquanto grave. Lo stesso discorso va fatto per il Made in Italy che per molti prodotti agricoli non tutela per nulla l'origine italiana; infatti basta che il pomodoro (cinese, per esempio) dopo essere inscatolato o trasformato in passata o concentrato di pomodoro, venga messo sul mercato come "Confezionato in Italia" o marcato "Made in Italy" per fuorviare l'attenzione del consumatore. Certo il prodotto finito, quello che troviamo sullo scaffale del negozio, è italiano; ma quale la sua origine prima della trasformazione? Per questo suggerisco ai vertici di Coldiretti, ma soprattutto al nostro ministro Lollobrigida, che stimo e so sensibile sull'argomento, di pretendere che i prodotti agricoli lavorati portino sempre la scritta "Allevato/Coltivato in Italia".

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