...ma anche Giorno della commemorazione di una tragedia tutta italiana dove le popolazioni della Zona B (in Venezia Giulia), Istria e alta Dalmazia pagarono a carissimo e doloroso prezzo l'accondiscendenza dei vincitori della Seconda Guerra mondiale (Gran Bretagna in testa) alla Jugoslavia del comunista Tito.
A parte i quasi 400mila esuli, pure accettati con non poca diffidenza nelle località dove erano stati allestiti i campi profughi, preme avere ben presente che i titini, sovente appoggiati da comunisti italiani, mandarono a morte, vuoi con esecuzioni sommarie o gettandoli nelle foibe carsiche, non meno di 10mila italiani.
Da allora, per 45 anni ci fu un silenzio assoluto che ieri il Presidente Mattarella ha bollato come "superficialità o calcolo" rimarcando anche il perdurare di "deprecabili sacche di negazionismo".
Si dovette attendere le 12,20 di domenica 3 novembre 1991 quando Francesco Cossiga, primo Presidente della nostra Repubblica, si recò a Basovizza inginocchiandosi davanti alla stele della tristemente celebre foiba.
Mi chiedo perché nessuno dei Presidenti che l'avevano preceduto abbia mai compiuto quel gesto, Non si dimentichi che per istituire il Giorno del Ricordo si è dovuto attendere la legge 30 marzo 2004; c'è da domandarsi perché questo lungo inqualificabile silenzio, forse per una ipocrita "governabilità"? Eppure altre celebrazioni, sotto una paternità di altre parti politiche, ne erano state festeggiate in gran numero.
E che dire della deprecabile "accoglienza" che sindacalisti della CGIL e attivisti di sinistra riservarono martedì 18 febbraio 1947 agli Italiani che, profughi dall'Istria, erano arrivati a Bologna da Ancona viaggiando dentro vagoni merci? Vennero persino gettati a terra quei generi di conforto - pane e latte - predisposti dalla Croce Rossa e dalla Pontificia Opera di assistenza. Non a caso è passato alla Storia come il Treno della vergogna. Qui non può sostenersi il negazionismo perché l'episodio è ricordato da una lapide esposta - sessant'anni dopo - nella stessa stazione.
Fortunatamente c'è un'Italia superiore che sa proiettandosi al futuro rispettando la realtà storica; la settimana scorsa a Fertilia (Alghero), a Egea Haffner, la famosa "esule giuliana 30001", è stato intitolato il Museo etnografico e lei, accompagnata dal suo ammirevole marito, l'Ing. Giovanni Tomazzoni, ha posato la prima pietra. Fertilia è una frazione di Alghero celebre per l'aeroporto, ma che nel 1948 ospitò un migliaio di profughi giuliano dalmati. Passano gli anni ma la memoria resta.
Oltre a questo evento alquanto significativo suggerisco la visione del film Red land (Rosso Istria) interpretato, fra gli altri, da Geraldine Chaplin, Franco Nero e Selene Gandini, regia di Maximiliano Herrnando Bruno.
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