E' alquanto significativo che Theresa May si sia appellata all'art 50 del Trattato di Lisbona (clausola di recesso) per prendersi tutto il tempo possibile, due anni, prima di ...sbattere la porta.
Si stanno rendendo conto che i grandi proclami di autonomia non facevano partire alcun programma concreto di miglioramento: la globalizzazione ha dato una misura alquanto minima al peso internazionale che avrà l'uscita della Gran Bretagna.
Intanto ci si confronta con i disagi, se non le paure che questo risultato avrà sulla manodopera UE che vive nell'isola, solo di Italiani se ne contano 600.000 che sono impiegati in varie professioni: dal cameriere, al commesso, all'infermiere, all'esperto contabile, al dirigente d'azienda: tutta gente che si è messa in gioco e sta facendosi onore, ma che rischia di essere emarginata. Tuttavia sono anche ruoli che i Britannici sapranno rimpiazzare con la stessa determinazione con cui hanno tracciato una croce su LEAVE?
Chi, anche in Italia, sbandierava consensi per la Brexit, ci aveva pensato? Si preoccuperà di trovare un nuovo impiego per i propri connazionali sfrattati? Se usciamo anche noi dall'UE che lavoro andrà a svolgere qualche nostro europarlamentare euroscettico? Se occupa quel seggio deve attivarsi per migliorate il mercato europeo, non smantellarlo.
Intanto, guardando il pratico, ecco un piccolo ma significativo esempio: non dimentichiamo che, con l'uscita dall'UE, tutte le merci da e per il Regno Unito subiranno un'operazione doganale, così come si fa per quelle da e per la Svizzera, la Russia, la Tunisia, eccetera con aggravi di tempi e costi...
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