PRIVACY FINO A UN CERTO PUNTO
Da poco più di dieci anni (dl 196 del 30 giugno 2003) vige la legge sulla Privacy, o in termini più precisi, il "Codice in materia di protezione dei dati personali".
Nacque dal dover rispettare gli Accordi di Schengen e tutti noi la incontriamo quando sottoscriviamo un nuovo contratto, consegnamo i nostri documenti anche per una banalissima operazione.
Spesso ci sorridiamo sopra ma ci accorgiamo di quanto questo DL abbia apportato delle innovazioni nella nostra vita quotidiana con vari avvertimenti, per esempio, entrando in un locale, ci informano che saremo ripresi da telecamere a circuito chiuso, negli uffici postali dobbiamo tenerci a debita distanza, ecc.. E fin qui nulla da eccepire, anzi, se la privacy è una tutela ben venga.
Quello che invece mi sta sorprendendo e non ho mancato di segnalarlo agli organi preposti di un noto istituto bancario, è l'assoluta mancanza di tutela di chi sta operando davanti al Bancomat. Io e molti altri, che faccia caldo o freddo, che piova o tiri vento, aspettiamo ordinatamente in coda fuori dalla stanzetta dove, chi ci precede, sta svolgendo i propri compiti. Qualche altro soggetto non ha la stessa delicatezza e ti si piazza dietro le spalle trasmettendo comprensibile disagio (provate a digitare un codice iban con uno sconosciuto che ti respira sulle spalle). Quando ho espresso la mia lamentela alla direzione di quella banca non ho avuto alcuna soddisfazione se non un utilissimo suggerimento: "E lei clicchi il tasto annulla così interrompe tutto".
Geniale!
Quello che sconcerta è che nella stanzetta (spesso di passaggio) non c'è alcun cartello che chieda di non sostare dietro chi sta operando allo sportello automatico sul cui schermo, invece, appare questa scritta:
"Digiti il codice segreto avendo cura di non essere osservato".
No comment.
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