Si dice che le sentenze non si discutono (e perché mai se abbiamo tre gradi di giudizio?) ma quella emanata dalla Corte d'appello di Messina, secondo la quale i tre ragazzi, orfani di Marianna Manduca, dovranno restituire allo Stato il risarcimento ottenuto dal processo di primo grado (259mila euro), è davvero sconcertante.
E dire che, a detta dei loro legali, l'avvocatura dello Stato, che fa capo a Palazzo Chigi, aveva lasciato intendere che avrebbe rinunciato a qualsiasi azione giudiziaria avversa al risarcimento.
Nel 2007 Marianna era stata uccisa a coltellate dal compagno; non era stato un gesto improvviso, l'uomo aveva più volte fatto violenza sulla donna tanto che questa l'aveva denunciato ben 12 volte alla Procura di Caltagirone.
Non era bastato, non si era fatto nulla per impedire che si arrivasse all'orrendo assassinio.
Al dolore di allora si aggiunge quest'ultima sentenza la cui motivazione appare strindente rispetto sia alle modalità del delitto che del dilagante femminicidio contro cui tutta l'opinione pubblica si sta schierando.
Altrettanto vasta è la cerchia di chi ritiene sconvolgente la sentenza della Corte di Messina; a livello politico la reazione è stata bipartizan: la senatrice del PD ha dichiarato che "la sentenza indigna perché afferma il principio che quel femminicidio non poteva essere evitato e che non c'è stata negligenza da parte di chi ha ignorato le ripetute denunce della donna" mentre nel suo blog su HuffPost la vicepresidente della Camera Mara Carfagna scrive: "la sentenza di Messina è una vergogna per lo Stato", aggiungendo "dovrebbe avere vergogna la Presidenza del Consiglio dell'esito del ricorso dell'Avvocatura dello Stato contro gli orfani di Marianna Manduca"
L'auspicio è che il clamore non si plachi e che questo generale sconcerto sia ben presente nei giudici della Corte di Cassazione a cui i legali dei tre orfani ricorreranno.
Nessun commento:
Posta un commento