A trasferirsi all'estero non è stavolta un altro grande marchio industriale italiano, ma una straordinaria necessità: i medici.
La Federazione Medici di medicina generale denuncia che entro i prossimi 5 anni per il Servizio Sanitario Nazionale si prospetta una perdita di 45.000 unità.
Vuoi per una miglior possibilità di carriera e un guadagno più remunerativo i camici bianchi italiani accettano le ben più allettanti offerte di lavoro proposte da Paesi del Centro Nord Europa. Si parla di almeno un +40% e dato che l'attività medica, sebbene svolta con passione, è pur sempre un lavoro, è comprensibile che si vada verso chi paga meglio. E, sia ben chiaro, sono richiesti dall'estero a dimostrazione che "in fuga" non sono cervelli, bensì talenti.
Non sono da meno gli infermieri: lo scorso novembre la CISL Lombardia denunciava che negli ospedali di Milano e hinterland mancavano 550 infermieri di 4.000 carenti in tutta la regione.
Quando si indicono concorsi per nuove assunzioni sono numeri che non coprono i posti lasciati vacanti.
Non è solo una questione di soldi, si tratta anche di impossibilità ad esercitare una professione per la quale si sono spesi numerosi anni di studio e specializzazione.
Mi informa un amico che stiamo scendendo a livelli preoccupanti, da ultimi in Europa; "sono anni che si avverte la mancanza di medici per il futuro, ma il futuro è già arrivato e si è costretti a richiamare in servizio medici ormai in pensione".
Paradossale, incredibile.
Occorre renderci conto che l'esercizio della Medicina non è un precariato, occorre coprire posti per dare assistenza, necessario quindi motivare adeguatamente.
Dove sono le iniziative di governo in tale senso?
Per ora ne abbiamo solo una: 10.000 navigator, di cui 4.000 per le regioni e 6.000 per lo Stato centrale. Nome bruttissimo per individui destinati a selezionare candidati al reddito di cittadinanza. Quanto avranno di stipendio? Circa 30.000 euro lordi l'anno, vale a dire 1700 netti al mese più bonus per le assunzioni procurate: molto più di chi lavora già in aziende private producendo reddito, non ...spendendolo.
Vista la recessione che si profila all'orizzonte avremo navigator che prospetteranno ben poco a disoccupati che rischiano di restare tali per anni, ma stipendiati dai contribuenti: una doppia perdita secca per le casse dello Stato.
giovedì 28 marzo 2019
venerdì 22 marzo 2019
Manduca, una sentenza da rivedere
Si dice che le sentenze non si discutono (e perché mai se abbiamo tre gradi di giudizio?) ma quella emanata dalla Corte d'appello di Messina, secondo la quale i tre ragazzi, orfani di Marianna Manduca, dovranno restituire allo Stato il risarcimento ottenuto dal processo di primo grado (259mila euro), è davvero sconcertante.
E dire che, a detta dei loro legali, l'avvocatura dello Stato, che fa capo a Palazzo Chigi, aveva lasciato intendere che avrebbe rinunciato a qualsiasi azione giudiziaria avversa al risarcimento.
Nel 2007 Marianna era stata uccisa a coltellate dal compagno; non era stato un gesto improvviso, l'uomo aveva più volte fatto violenza sulla donna tanto che questa l'aveva denunciato ben 12 volte alla Procura di Caltagirone.
Non era bastato, non si era fatto nulla per impedire che si arrivasse all'orrendo assassinio.
Al dolore di allora si aggiunge quest'ultima sentenza la cui motivazione appare strindente rispetto sia alle modalità del delitto che del dilagante femminicidio contro cui tutta l'opinione pubblica si sta schierando.
Altrettanto vasta è la cerchia di chi ritiene sconvolgente la sentenza della Corte di Messina; a livello politico la reazione è stata bipartizan: la senatrice del PD ha dichiarato che "la sentenza indigna perché afferma il principio che quel femminicidio non poteva essere evitato e che non c'è stata negligenza da parte di chi ha ignorato le ripetute denunce della donna" mentre nel suo blog su HuffPost la vicepresidente della Camera Mara Carfagna scrive: "la sentenza di Messina è una vergogna per lo Stato", aggiungendo "dovrebbe avere vergogna la Presidenza del Consiglio dell'esito del ricorso dell'Avvocatura dello Stato contro gli orfani di Marianna Manduca"
L'auspicio è che il clamore non si plachi e che questo generale sconcerto sia ben presente nei giudici della Corte di Cassazione a cui i legali dei tre orfani ricorreranno.
E dire che, a detta dei loro legali, l'avvocatura dello Stato, che fa capo a Palazzo Chigi, aveva lasciato intendere che avrebbe rinunciato a qualsiasi azione giudiziaria avversa al risarcimento.
Nel 2007 Marianna era stata uccisa a coltellate dal compagno; non era stato un gesto improvviso, l'uomo aveva più volte fatto violenza sulla donna tanto che questa l'aveva denunciato ben 12 volte alla Procura di Caltagirone.
Non era bastato, non si era fatto nulla per impedire che si arrivasse all'orrendo assassinio.
Al dolore di allora si aggiunge quest'ultima sentenza la cui motivazione appare strindente rispetto sia alle modalità del delitto che del dilagante femminicidio contro cui tutta l'opinione pubblica si sta schierando.
Altrettanto vasta è la cerchia di chi ritiene sconvolgente la sentenza della Corte di Messina; a livello politico la reazione è stata bipartizan: la senatrice del PD ha dichiarato che "la sentenza indigna perché afferma il principio che quel femminicidio non poteva essere evitato e che non c'è stata negligenza da parte di chi ha ignorato le ripetute denunce della donna" mentre nel suo blog su HuffPost la vicepresidente della Camera Mara Carfagna scrive: "la sentenza di Messina è una vergogna per lo Stato", aggiungendo "dovrebbe avere vergogna la Presidenza del Consiglio dell'esito del ricorso dell'Avvocatura dello Stato contro gli orfani di Marianna Manduca"
L'auspicio è che il clamore non si plachi e che questo generale sconcerto sia ben presente nei giudici della Corte di Cassazione a cui i legali dei tre orfani ricorreranno.
L'esemplare saggezza di EINAUDI
In momenti, ahimè alquanto lunghi e perduranti, in cui assistiamo al dilagare della corruzione, del malaffare da parte di chi nella pubblica amministrazione esercita il proprio ruolo per un potere che varca i confini della correttezza, il richiamo a Luigi EINAUDI, primo Presidente della Repubblica democraticamente eletto, è doveroso.
Quest'uomo che aveva a cuore il valorizzare l'agricoltura, che forniva terre e attrezzature ai suoi mezzadri, che divise una pera troppo grossa con lo scrittore Ennio Flaiano, ci ha lasciato un pensiero che deve essere sempre presente.
Indelebile e di sommo insegnamento quella sua considerazione: "Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E' la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi."
Quest'uomo che aveva a cuore il valorizzare l'agricoltura, che forniva terre e attrezzature ai suoi mezzadri, che divise una pera troppo grossa con lo scrittore Ennio Flaiano, ci ha lasciato un pensiero che deve essere sempre presente.
Indelebile e di sommo insegnamento quella sua considerazione: "Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E' la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi."
giovedì 21 marzo 2019
Rami, diventa cittadino italiano l'eroe del bus
Rami Shehata, il tredicenne che dal bus sequestrato dal conducente sulla Paullese, aveva allarmato i Carabinieri componendo il 112, è nato in Italia nel 2005.
Figlio di egiziani giunti in Italia nel 2001, fino a ieri risultava ancora straniero; ora il Ministero degli Interni gli ha concesso la cittadinanza italiana per meriti speciali, quegli "eminenti servizi all'Italia" che ben si riconoscono nella coraggiosa quanto tempestiva telefonata ai Carabinieri. All'operatore dell'Arma, l'appuntato Altamura, il merito di avere raccolto e condotto appropriatamente la seppur concitata conversazione.
Figlio di egiziani giunti in Italia nel 2001, fino a ieri risultava ancora straniero; ora il Ministero degli Interni gli ha concesso la cittadinanza italiana per meriti speciali, quegli "eminenti servizi all'Italia" che ben si riconoscono nella coraggiosa quanto tempestiva telefonata ai Carabinieri. All'operatore dell'Arma, l'appuntato Altamura, il merito di avere raccolto e condotto appropriatamente la seppur concitata conversazione.
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