Ci voleva Papa Francesco a riportare l'attenzione sulla realtà, una dura triste realtà: l'emigrazione giovanile.
Lo vado sostenendo da lungo tempo: venticinque anni fa da testimone diretto, poi da giornalista e da sei come padre: l'emigrazione italiana non è mai cessata, ma i maggiori giornali e i politici l'hanno sempre ignorata o snobbata; nei talk show ospitano quasi sempre opinion maker con scarsa conoscenza della realtà, quindi inadeguati. Quando poi non sono invitati solo per presentare il loro ultimo libro.... Ve ne siete accorti, vero?
Ci sono voluti, purtroppo, i tragici fatti del Bataclan a Parigi con la morte di Valeria Solesin e ai mercatini di Berlino con quella di Fabrizia Di Lorenzo per scoprire (!!!) che le nostre giovani non erano lì in gita organizzata ma per trascorrere qualche ora di spensieratezza, una parentesi concessa dallo studio o dal lavoro all'estero: punte di un iceberg immenso.
Papa Francesco ha dato testimonianza di tutto questo. Nell'omelia del Te Deum di ringraziamento per l'anno che si stava concludendo, ha dichiarato:
"Non si può parlare di futuro senza assumere responsabilità che abbiamo verso i nostri giovani; più che responsabilità la parola giusta è debito. Li abbiamo emarginati e costretti ad emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono".
Ora vorrei poter guardare negli occhi tutti quegli stolti che hanno sempre girato lo sguardo dall'altra parte, a quei politici che hanno privilegiato la loro carriera per raggiungere od incrementare il loro vitalizio, che occupano posti di alta responsabilità statale senza avere un "pezzo di carta" all'altezza del compito mentre chi lo possiede (Fabrizia aveva conseguito due lauree e frequentato un master tedesco!) deve fare le valigie, lasciare la famiglia in lacrime e cercare il futuro lontano da casa, all'estero.
Ma questi strapagati sedicenti onorevoli che si trincerano dietro la più fasulla delle difese: "siete i qualunquisti dell'antipolitica" (li correggo subito: siamo avversi a politici di tale risma) hanno mai provato a cercarsi un lavoro e a difenderlo?
Per molti probabilmente NO, e allora facciano i bagagli e vadano all'estero e provino a sostituire quei nostri talenti che invece andrebbero benissimo ad occupare posti di responsabilità in Italia, cosa che fanno all'estero; li voglio indietro perché, grazie alle loro capacità, oggi contribuiscono alla crescita economica del paese che li ospita e, giustamente, gratifica.
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