I muri e i reticolati disposti alla frontiera da paesi europei
per impedire il passaggio di profughi rivela esplicitamente sia la debolezza
politica dell’UE che il marcato egoismo di alcuni suoi stati membri.
Iniziative militari intraprese da alcuni, così come incontri
tra pochi a tutela dei propri interessi (con legittima protesta della Grecia) sono
in netto, stridente contrasto con la rigidità di direttive economiche, finanziarie
e fiscali impartite tout court. Come non evidenziare che certi provvedimenti non tengono in alcun conto l’applicabilità sul territorio? Elementi che rivelano quanto sia sempre
più lontano dalle realtà nazionali questa UE che è cresciuta a dismisura.
Ventotto nazioni di cultura, tradizioni e ordinamenti così diversi possono solo
soddisfare utopie e ambizioni di un espansionismo numerico: il costume di
Arlecchino ha almeno il pregio di svolgere una funzione …che funziona. Altrettanto quello
che accade a Bruxelles e Strasburgo?
Il nazionalismo dell’attuale governo di Varsavia, così
euroscettico, sta scontentando aziende straniere che stanno rivedendo i loro
investimenti in Polonia, la rigidità posta ai confini da Austria, Croazia e Ungheria
rivelano i mai smantellati steccati negli orti di taluni paesi che hanno la
memoria corta. Come infatti tacere che Polonia e Ungheria (nell’UE dal 1°
maggio 2004) erano, fino al 1991 membri del “Consiglio di mutua assistenza economica” (COMECON) e del “Trattato di amicizia, cooperazione e mutua
assistenza” meglio conosciuto come Patto di Varsavia?
E della Croazia che ne è parte solo nel 2013? E’ un segnale
anche per Serbia e Montenegro che anelano all’ingresso nell’Unione.
Il Regno
Unito, membro dal 1973, è alla vigilia di un referendum per uscirne.
E’ così politicamente scorretto domandarsi se il divenire “cittadini europei” non abbia il solo fine di goderne dei benefici ignorandone gli oneri?
E’ così politicamente scorretto domandarsi se il divenire “cittadini europei” non abbia il solo fine di goderne dei benefici ignorandone gli oneri?
Che il futuro dell’UE finisca per ricadere sulle spalle dei
soli sei paesi fondatori: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e
Paesi Bassi mi irrita, ma mi riempie anche d’orgoglio.