"Buongiorno, sono Eulalia*, le telefono per una ricerca di mercato"
"Bene, domandi"
"Lei ha subito trattamenti di fisioterapia?"
"No"
"Ma quanti anni ha?"
"Cosa importa, magari ne può avere avuto bisogno un ragazzo, un giovanotto e non ancora un adulto"
E fino qui la conversazione ha una sua logica, ma ecco subito dopo la domanda:
"Quanti siete in famiglia?"
"Scusi, ma che c'entra la fisioterapia con il numero di quanti siamo in famiglia?"
La telefonata si interrompe.
Grazie a chiunque mi può fornire una spiegazione attendibile.
* nome di fantasia
mercoledì 27 novembre 2019
lunedì 25 novembre 2019
Borraccetta in alluminio, proprio un'alternativa ecologica?
Aveva iniziato Sala, il sindaco di Milano, regalando migliaia di borracette in alluminio ad altrettanti alunni all'inizio dell'anno scolastico, gli farà eco in Slow Food Campania il 28 novembre, tanto per citare alcune iniziative di catechizzazione alla tutela dell'ambiente.
Non ci è però dato sapere quanta energia e conseguente inquinamento comporterà la produzione di cotante borraccette; e poi una domanda forse impertinente*: in regime di mercato ordinario quante ne avrebbero prodotte/vendute?
Ecco dunque una spiegazione, diciamo ecologica: chiunque, malvolentieri, vorrà disfarsene. Ritengo alquanto più difficile gettarla via con la stessa facilità di una bottiglietta di plastica (PET, polietilentereftalato riciclabile comunque al 100%)
Perché allora non si insiste sull'educazione delle persone e si è più vigili con le amministrazioni locali affinché completino i piani di raccolta differenziata?
La plastica ci sarà sempre perché esprime oggetti di sempre più ardua sostituzione con altri materiali; la tecnologia italiana ha fatto passi da gigante, nel nostro Paese centinaia di fabbriche stanno dando lavoro a migliaia di padri di famiglia a cui nessun produttore di alluminio offrirà un rimpiazzo nel caso in cui, messa al bando la plastica, frutto del loro lavoro, si trovassero disoccupati.
Oggi, in coda con me al supermercato, c'era una mamma che stava spingendo avanti un pacco di bottigliette d'acqua da mezzo litro; a mezza voce commentò: "Mi rendo conto che non è ecologica ma mi serve per darla alla mia bambina".
Le risposi subito: "Ma perché mai deve giustificarsi, sentirsi colpevole? Un oggetto, qualunque esso sia, è contro l'ambiente se non è smaltito in modo corretto".
La signora mi sorrise confortata e mi accorsi che dalle altre casse mi stavano osservando; conclusi affermando: "Una bottiglia di vetro, igienico quasi per dogma, abbandonata in un'aiuola resterà sempre un pezzo di vetro, magari rotto, anche tra cinquant'anni come quella bottiglietta in plastica".
Aspetto smentite.
Intanto riporto quanto scrisse l'agenzia ADN Kronos lo scorso 14 agosto: "Dei 122 fiumi più inquinanti, quelli che contribuiscono per oltre il 90% allo sversamento di plastica in mare, 103 si trovano in Asia, 8 in Africa, 8 in Sud e Centro America e 1 in Europa".
L'Europa deve chiudere le proprie fabbriche di plastica per le colpe di altri, sia essi extra europei o, in modo più prossimo, di quelle amministrazioni pubbliche inadempienti con la raccolta differenziata?
* "le domande o sono impertinenti o non sono domande" mi rispose anni fa Gianni Agnelli
Non ci è però dato sapere quanta energia e conseguente inquinamento comporterà la produzione di cotante borraccette; e poi una domanda forse impertinente*: in regime di mercato ordinario quante ne avrebbero prodotte/vendute?
Ecco dunque una spiegazione, diciamo ecologica: chiunque, malvolentieri, vorrà disfarsene. Ritengo alquanto più difficile gettarla via con la stessa facilità di una bottiglietta di plastica (PET, polietilentereftalato riciclabile comunque al 100%)
Perché allora non si insiste sull'educazione delle persone e si è più vigili con le amministrazioni locali affinché completino i piani di raccolta differenziata?
La plastica ci sarà sempre perché esprime oggetti di sempre più ardua sostituzione con altri materiali; la tecnologia italiana ha fatto passi da gigante, nel nostro Paese centinaia di fabbriche stanno dando lavoro a migliaia di padri di famiglia a cui nessun produttore di alluminio offrirà un rimpiazzo nel caso in cui, messa al bando la plastica, frutto del loro lavoro, si trovassero disoccupati.
Oggi, in coda con me al supermercato, c'era una mamma che stava spingendo avanti un pacco di bottigliette d'acqua da mezzo litro; a mezza voce commentò: "Mi rendo conto che non è ecologica ma mi serve per darla alla mia bambina".
Le risposi subito: "Ma perché mai deve giustificarsi, sentirsi colpevole? Un oggetto, qualunque esso sia, è contro l'ambiente se non è smaltito in modo corretto".
La signora mi sorrise confortata e mi accorsi che dalle altre casse mi stavano osservando; conclusi affermando: "Una bottiglia di vetro, igienico quasi per dogma, abbandonata in un'aiuola resterà sempre un pezzo di vetro, magari rotto, anche tra cinquant'anni come quella bottiglietta in plastica".
Aspetto smentite.
Intanto riporto quanto scrisse l'agenzia ADN Kronos lo scorso 14 agosto: "Dei 122 fiumi più inquinanti, quelli che contribuiscono per oltre il 90% allo sversamento di plastica in mare, 103 si trovano in Asia, 8 in Africa, 8 in Sud e Centro America e 1 in Europa".
L'Europa deve chiudere le proprie fabbriche di plastica per le colpe di altri, sia essi extra europei o, in modo più prossimo, di quelle amministrazioni pubbliche inadempienti con la raccolta differenziata?
* "le domande o sono impertinenti o non sono domande" mi rispose anni fa Gianni Agnelli
lunedì 18 novembre 2019
Ex ILVA, mercato e politica
Sulla grave situazione che si sta vivendo a Taranto per le sorti dell'ex ILVA si è già scritto e detto tanto e così sarà anche nei prossimi giorni; quello che invece non si è portato ad uguale livello è una considerazione sul mercato siderurgico europeo che sta già vivendo una palese crisi in paesi icone come Francia e Germania.
Si aggiunga che una settimana fa l'acquisto, da parte dei cinesi della Jingye, della British Steel, azienda a lungo in amministrazione controllata, che ha stabilimenti a Scunthorpe e Teeside. Nell'accordo è stato programmato un investimento di 1,2 miliardi di sterline in dieci anni mirante alla competitività e miglioramento dell'impatto ambientale.
E intanto dall'India giunge, attraverso Le Monde, notizia che, "per la prima volga nella storia l'India ha perso dei posti di lavoro: 9 milioni dal 2012 al 2018"
Chi ci impedisce di pensare che il gruppo Arcelor Mittal, il più grande al mondo nella produzione dell'acciaio, intenda tutelarsi di fronte alla rafforzata concorrenza d'Oltremanica e si debba assistere, in un prossimo futuro, ad un'eutanasia di Taranto?
Che dire di qualche selfie in meno e un limite a dichiarazioni esclamative per dedicarci a qualche lettura economica in più?
Si aggiunga che una settimana fa l'acquisto, da parte dei cinesi della Jingye, della British Steel, azienda a lungo in amministrazione controllata, che ha stabilimenti a Scunthorpe e Teeside. Nell'accordo è stato programmato un investimento di 1,2 miliardi di sterline in dieci anni mirante alla competitività e miglioramento dell'impatto ambientale.
E intanto dall'India giunge, attraverso Le Monde, notizia che, "per la prima volga nella storia l'India ha perso dei posti di lavoro: 9 milioni dal 2012 al 2018"
Chi ci impedisce di pensare che il gruppo Arcelor Mittal, il più grande al mondo nella produzione dell'acciaio, intenda tutelarsi di fronte alla rafforzata concorrenza d'Oltremanica e si debba assistere, in un prossimo futuro, ad un'eutanasia di Taranto?
Che dire di qualche selfie in meno e un limite a dichiarazioni esclamative per dedicarci a qualche lettura economica in più?
lunedì 11 novembre 2019
EGEA HAFFNER, l’esule giuliana 30001
Il manifesto che ha rivelato la celebre foto, ora icona dell'Esodo giuliano dalmata © |
Egea HAFFNER TOMAZZONI © |
Comincia così la rievocazione che mi fa Egea Haffner di quell’episodio così tragico per la sua famiglia: “La mia famiglia non si diede pace nel cercare sue notizie e, sperando che comunque potesse ritornare, mia nonna, ogni sera, gli teneva via un pezzo di pane”.
Egea venne a
sapere che quella delle visite informali, “tranquillizzanti”, erano una
consuetudine da parte dell’OZNA, la famigerata polizia politica slava, e toccò
decine di famiglie di quella zona istriana. Si diffuse la notizia che centinaia
di Italiani, accusati superficialmente di essere “fascisti” quando erano
semplici funzionari pubblici o nostri militari, erano già stati passati per le
armi, soprattutto gettati nelle foibe, profonde
grotte carsiche così numerose in quel territorio. Persone che, senza alcun
processo e senza alcun valido motivo e comunque senza colpe, dopo essere stati malmenati
, seviziati , venivano legati con filo di ferro dietro la schiena ad altri
sventurati e gettati in quelle voragini dove, dopo un’atroce agonia, vedevano
spegnere la loro vita. Si suppone che il
papà di Egea sia stato gettato nella foiba di Pisino.
Narrazione di quella tragedia umana, con altre testimonianze, sono state raccolte da Elena Tonezzer nel libro Volti di un esodo.
Egea Haffner autografa il libro Volti di un esodo © |
e la sua consegna a Gianmaria Italia © |
Egea Haffner Tomazzoni accanto al baule con i beni della sua infanzia |
“Era il luglio del 1946 - mi racconta ora nella sua bella casa di Rovereto dove dal 1972 vive con suo marito, l’Ingegner Giovanni Tomazzoni, una persona davvero gradevole e di profonda cultura – la destinazione sarebbe stata Cagliari dove viveva una sorella di mia madre. Fummo accolti con grande affetto e io giocavo con i miei cuginetti mentre mia madre lavorava come parrucchiera. Si rimase lì per otto mesi, poi decise di raggiungere Bolzano dove, nel frattempo, si erano sistemati mia nonna e i miei zii paterni. Erano partiti, come profughi, da Pola imbarcandosi sulla nave Toscana il 10 febbraio 1947. Dato che parlavamo sia italiano che tedesco la scelta di Bolzano fu dettata dalla opportunità di mettere a frutto il bilinguismo. Vi arrivammo in aprile sistemandoci in un alloggio non molto agevole e lì iniziò la mia vita da esule. Bolzano fu molto importante per la mia vita perché nel 1962 conobbi Giovanni, il mio futuro marito che sposai nel 1966”.
Egea Haffner con suo marito Giovanni Tomazzoni |
Malgrado le vicende dell’esodo avessero interessato circa 350.000 italiani delle terre giuliane, istriane e dalmate, per il resto del Paese non ci fu grande risonanza, anzi, in alcune località erano malvisti, osteggiati perché accusati di togliere posti di lavoro ai locali, ma ignari di quale dramma li aveva condotti lì, lontani dalla loro terra, privati della loro casa, dei loro beni.
Trasferitasi con la famiglia a Rovereto ha cresciuto con il marito Giovanni, le figlie Ilse e Roberta e coltivando un hobby significativo: la pittura.
Qui, nel 1997, grazie alla sensibilità
del Museo Storico della Guerra, venne organizzata la mostra Istria: i volti
dell’esodo. Per la sua realizzazione, che ebbe grande successo e dove intervenne,
fra gli altri, anche Fulvio Tomizza, furono raccolti cimeli e foto di quelle
tragiche giornate; a simboleggiarla quella foto di una bimba dai capelli a
boccoli, l’Esule giuliana 30001.
Accanto ad alcuni suoi quadri © |
Il 29 aprile 2006 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, su proposta di Silvio Berlusconi, conferì a Kurt Haffner, attraverso la figlia Egea, la "medaglia commemorativa del Sacrificio offerto alla Patria"
Le è appena giunta una notizia che le allarga il cuore: a Fertilia, comune nei pressi di Alghero che venne popolato del Dopoguerra da profughi istriani e dalmati, intendono creare un centro che ricordi l'esodo, si chiamerà proprio Egea. Lei e il marito sono stati invitati per la posa della prima pietra.
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vedi anche unavaligiadisperanze.blogspot.com
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