Poco fa, l'ascolto di un servizio televisivo sul processo a Martina Levato mi ha fatto sobbalzare: l'articolista si era sentita il dovere professionale di precisare che l'imputata era una "bocconiana". L'episodio non era isolato perchè anche su due note testate nazionali si può leggere: "l'ex studentessa bocconiana" o, ancora più rimarcato, ", ex studentessa alla Bocconi," dove le virgole che ho volutamente riportato rivelano l'assoluta necessità, per chi ha redatto il pezzo, di precisare un percorso di studi che secondo quei colleghi, era forse determinante a capire tutto il fatto criminoso.
A me, che sono giornalista da trent'anni, proprio non sembra; tuttavia vuoi vedere che la mia visione della deontologia professionale è fuori dal tempo? Lo chiederò all'Ordine dei Giornalisti e, a conferma che questa anomalia non è nuova, si legga il mio post del 30 dicembre 2014.
Una dovuta PUNTUALIZZAZIONE: a dimostrazione che si può dare la stessa notizia senza ..."debordare" ecco in serata il servizio lineare ed esauriente di Enrico Rotondi dal TG2 Rai che non ha avuto bisogno di coinvolgere l'Ateneo milanese per descrivere i fatti. Allora a tutti gli altri colleghi chiedo: era così impossibile non usare il termine "la bocconiana"? Mah, certo che mischiare, senza alcuna concreta ragione, una delle nostre Università più rinomate al mondo in fatti del tutto estranei lascia perplessi.
28 gennaio 2016 - AGGIORNAMENTO: il Prof. Tommaso Nannicini, docente della Bocconi, è stato nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Auguri di un buon lavoro!
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