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Algarve, un porticciolo di pescatori |
Quando
riceviamo il nostro assegno pensionistico siamo consapevoli che una buona
parte, dal 25% in su, è trattenuto dallo Stato quale IRPEF.
Il
pensionato si rende conto di non fare più parte della “produzione”, ma
certamente di svolgere comunque un ruolo importante nella vita economica e
sociale del Paese, per cui il fatto che una consistente fetta della sua
spettanza gli venga trattenuta è legittima ragione di mugugno.
Un mugugno
che si accentua quando, vuoi dai politici quanto da molti mass media, si citano
cifre di pensioni come “d’oro” senza
precisare che sono al lordo, cioè che una parte consistente è trattenuta dallo
Stato, pertanto nulla hanno del nobile
metallo.
Quindi negli
ultimi anni ha trovato crescente interesse l’emigrare verso “paradisi” che
offrono condizioni fiscali vantaggiose, primo fra questi, anche per la
vicinanza, il Portogallo. Seguono poi, con differenti vantaggi sia fiscali che
di costo della vita, le Baleari (Spagna), Bulgaria, Cipro, Costarica, Ecuador,
Malesia, Marocco, Messico, Panama, Romania, Sud Africa, Thailandia e Tunisia.
Insomma, Paesi che hanno sottoscritto con l’Italia una convenzione contro la
doppia imposizione fiscale.
In quella
che era la Lusitania già una trentina d’anni fa i governanti di Lisbona decisero
di valorizzare l’Algarve, una costa meridionale
di circa 150 km che si affaccia sull’Atlantico. Pensarono subito di
destinarlo al turismo anglosassone attrezzandolo di campi da golf (se ne
contano finora 16) e autorizzando l’edificazione di grandi complessi
alberghieri e residence da 4 e 5 stelle. Il risultato è stato l’aumento di un
punto di PIL. A questo vantaggio economico si aggiungono i consumi e tutto
quanto si è creato nell’indotto: i nostro governanti avrebbero da imparare.
Questa la
realtà di una regione in crescita a cui, come ho detto, sta guardando in misura
crescente il popolo dei pensionati italiani (ormai circa 400mila) che sposano
il beneficio fiscale concesso loro trasferendovi la residenza, diventando
residenti non abituali; nessuna tassazione per un periodo massimo di 10 anni a
condizione che, ogni anno, si abiti in Portogallo per almeno sei mesi e un
giorno, anche non consecutivi.
All’apparenza
è allettante, un po’ meno facile nella pratica. Vediamo il costo non
indifferenze degli immobili, sia in vendita che in affitto. Se acquisti una
casa pensa che la potrai godere per un massimo di 10 anni e poi nel rivenderla
avrai ancora i tuoi soldi o, nel frattempo la bolla speculativa si sarà sgonfiata?
Gli affitti, poi, sono davvero alti, aumentano a dismisura ogni anno.
Questi i
costi, e poi la realtà quotidiana; ti iscrivi all’AIRE, vale a dire prendi la
residenza all’estero e ti devi trovare in loco un medico di fiducia,
l’automobile sarà ritargata come portoghese e portoghesi saranno
l’assicurazione e quant’altro, anche la lingua. Non illudiamoci, non è pari
allo spagnolo, quindi dimentichiamoci inflessioni dialettali venete o genovesi,
il portoghese è quasi meglio leggerlo che ascoltarlo, rischiamo di isolarci. In
compenso, per esperienza vissuta, i portoghesi sono, di norma, persone
gradevoli con cui bere insieme uma
cerveja o uj copo de vinho branco fresco, una birra o un bicchiere
di vino bianco fresco.
Fatti salvi
coloro che hanno preso residenza in città come Lisbona o Porto, ho visto ben
pochi italiani socializzare con loro; preferiscono trovarsi tra connazionali
per una partita di burraco, l’aperitivo al bar o una mangiata al ristorante, e per
taluni magari scoprire che spendono così quelle centinaia di euro che hanno
risparmiato nell’Irpef.
Dai, ne riparliamo
tra tre, quattro anni.
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L'interno di una cantina portoghese |