Mentre su tutte le prime pagine dei quotidiani si annuncia l'aggravarsi delle condizioni fisiche di Sergio Marchionne, ricoverato in un ospedale di Zurigo, in qualche articolo traspare una critica al suo operato, primo fra tutti l'aver portato la Fiat lontana dall'Italia.
Non sono di questo avviso; sebbene siamo impossibilitati ad avere una controprova, un vedere quale sarebbe stata la conseguenza se l'azienda torinese avesse perdurato nel suo cammino, mi resta l'idea che non avrebbe avuto un percorso dagli obiettivi netti e ben focalizzati; le mutate condizioni politiche, il peso sempre più crescente di una governance internazionale avrebbero spiazzato la nostra azienda leader che per decenni aveva condizionato scelte di governo, qualunque ne fosse il colore.
Ormai non era più così.
Marchionne le ha fatto varcare il Rubicone atlantico portandola da una seconda fila europea, dietro colossi tedeschi e francesi, alla fusione con Chrysler, alla Casa Bianca; i tempi erano mutati e lui l'aveva capito, aveva fatto intraprendere alla FIAT, pur cambiandone ragione sociale, un nuovo percorso, le aveva dato una collocazione internazionale di indiscutibile prestigio.
Sì, è vero, non si sarebbe più parlato dell'azienda FIAT, ma dove? Non certo sulle autovetture perché permaneva una gamma, una linea FIAT, un brand incontrovertibile nella mente e nelle scelte degli automobilisti.
Oggi Marchionne lascia tutti gli incarichi di vertice in quel Gruppo dove entrò nel 2004 come A.D. della FIAT per il suo rilancio e avviare la missione di internazionalizzare l'azienda di via Nizza, al Lingotto, dopo che nel 1997 aveva lasciato la storica sede di corso Marconi.
Ha contribuito alla nuova immagine del Gruppo inoltre, punto di pregio, gli va riconosciuto quello di essere stato il mentore di John Elkann, nipote di Gianni Agnelli.
Marchionne è stato un top manager che ha servito con alta professionalità la FIAT, non solo, ha fatto crescere i germogli di una grande Famiglia, anche per questo deve entrare nella Storia.
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23-7-2018 Peccato che la FCA non abbia inserito alcun top manager italiano al vertice di una delle aziende lasciate da Marchionne; dove sta andando l'Italianità?
sabato 21 luglio 2018
venerdì 13 luglio 2018
Reddito o Debito di cittadinanza?
Il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del M5s in campagna elettorale, sta dominando la scena per contrastare l'attenzione al problema degli sbarchi dei migranti sulle nostre coste e la conseguente popolarità riservata a Matteo Salvini.
Di Maio, dopo il repentino abbassamento da 5.000 a 4.000 euro delle pensioni (tra due settimane le ridurrà ulteriormente?), insiste sull'adozione del reddito di cittadinanza che gli ha fruttato decine di migliaia di voti: una cambiale elettorale che deve pagare, ma che fa sempre più riflettere il resto del Paese.
Pensiamo innanzitutto ai tre milioni e mezzo di pensionati a cui, meno male, sta arrivando la quattordicesima per addolcire la loro modesta pensione mensile che, dopo decenni di lavoro, oscilla tra i 700 e 800 euro mensili. Come possono reagire quando verranno a sapere che basteranno 8 ore la settimana per godere fino a 780 euro grazie al "reddito di cittadinanza"? Assistenzialismo puro che favorirà ulteriori entrate attraverso prestazioni in nero.
Che prospettive si offrono invece ai giovani costretti ad aprire una partita iva con il regime dei minimi per svolgere un onesto lavoro da "autonomi" perché quello da dipendente è sempre più remoto?
Credo che, oltre alle opposizioni, ci saranno anche molti parlamentari leghisti che, ben conoscendo il reale mondo del lavoro, avranno arricciato il naso nel dover appoggiare questo ddl del quale neppure si sa quanto costerà alle casse dello Stato, cioè all'intero Paese; basteranno "solo" 17 miliardi o ce ne vorranno addirittura 30?
Di Maio, dopo il repentino abbassamento da 5.000 a 4.000 euro delle pensioni (tra due settimane le ridurrà ulteriormente?), insiste sull'adozione del reddito di cittadinanza che gli ha fruttato decine di migliaia di voti: una cambiale elettorale che deve pagare, ma che fa sempre più riflettere il resto del Paese.
Pensiamo innanzitutto ai tre milioni e mezzo di pensionati a cui, meno male, sta arrivando la quattordicesima per addolcire la loro modesta pensione mensile che, dopo decenni di lavoro, oscilla tra i 700 e 800 euro mensili. Come possono reagire quando verranno a sapere che basteranno 8 ore la settimana per godere fino a 780 euro grazie al "reddito di cittadinanza"? Assistenzialismo puro che favorirà ulteriori entrate attraverso prestazioni in nero.
Che prospettive si offrono invece ai giovani costretti ad aprire una partita iva con il regime dei minimi per svolgere un onesto lavoro da "autonomi" perché quello da dipendente è sempre più remoto?
Credo che, oltre alle opposizioni, ci saranno anche molti parlamentari leghisti che, ben conoscendo il reale mondo del lavoro, avranno arricciato il naso nel dover appoggiare questo ddl del quale neppure si sa quanto costerà alle casse dello Stato, cioè all'intero Paese; basteranno "solo" 17 miliardi o ce ne vorranno addirittura 30?
martedì 3 luglio 2018
ATLETICA, un ORO macchiato da strumentalizzazioni
Il 23
giugno a Tarragona, per la 18a edizione dei Giochi del Mediterraneo, quattro
ragazze salivano sul gradino più alto del podio dopo aver vinto la staffetta 4 x
200 di nuoto: erano Stefania Pirozzi, Margherita Panziera, Linda Caponi e Laura
Letrari. Un successo maiuscolo italiano che replicava quello ottenuto a Pescara
(2009) e Mersin (2013).
Purtroppo
di questa vittoria se ne è parlato pochissimo, un silenzio ingeneroso che si
scontra con i titoloni dedicati alla formazione che ha vinto un altro nostro oro,
quello della 4 x 400 di atletica. Come mai? Perché in quest’ultima gareggiavano
atlete “di colore” e questo aspetto ha soppiantato anche il lodevole risultato
sportivo dato che era una ghiotta occasione
per farne della strumentalizzazione politica: straniere (e non bianche) che vincono per
l’Italia.
Quanto
siano oggi “straniere” queste ragazze sarebbe opportuno rifletterci:
Raphaela Lukudo è nata ad Aversa (Caserta) 23 anni fa, corre
per il Centro Sportivo Esercito; così come Maria Benedicta Chigbolu, nata a Roma nel 1989 da madre italiana.
Ayomide Folorunso, nata nel 1996 in
Nigeria, vive a Fidenza dal 2004, è nella squadra del gruppo sportivo Fiamme
oro mentre Libania Grenot, di
origine cubana e sposata dal 2006 con un italiano, è primatista italiana nei 200 m, corre per le
Fiamme Gialle: tutte atlete con le nostre stellette.
Ma sono
di origine cubana anche: la
mezzofondista Yusneysi Santiusti
Caballero, in Italia dal 2007; l’ostacolista Yadosleidy Pedroso, sposata
con il suo allenatore Massimo Matrone; il lottatore Frank Chamizo, caporal maggiore nell’Esercito, è sposato con
un’italiana e il pallavolista Osmany Jouanturena naturalizzato italiano nel
2010.
Con loro, della squadra
azzurra che partecipò alle Olimpiadi di Rio (2016)¸ facevano parte anche un’altra
decina di atleti nati all’estero, ma nessuno lo sottolineò.
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